venerdì 18 aprile 2014

Come "allenare" la fantasia


Oggi vorrei spezzare una lancia in favore di tutti coloro che pensano di non essere dotati di fantasia e di doversi rassegnare per il resto della vita.  Niente di più sbagliato.
La fantasia, l’abbiamo tutti. Se può sembrare, una volta diventati adulti, che alcuni ne abbiano più di altri è solo perché alcuni continuano a esercitarla, mentre altri no.
La buona notizia è che si può recuperare, che la fantasia si può letteralmente “allenare”.
C’è un libro che insegna come fare e che non a caso è famosissimo. Si intitola la Via dell’artista, Come ascoltare e far crescere l’artista che è in noi, di Julia Cameron. È stato pubblicato per la prima volta nel 1992 e si continua a trovare nelle librerie.
Mi rendo conto che usare la parola “arte” o “artista” rischia di suscitare una sorta di diffidenza, quindi mi fermo un attimo per chiarire che cosa è per me un artista.
In pratica, lo siamo tutti.
Un artista, per me, è chiunque in un dato momento sia davvero impegnato in un’arte.
Lo so che nella società occidentale, fortemente orientata al risultato, di solito non è così. Poiché si valuta tutto in termini monetari, un artista, nella concezione comune, è qualcuno le cui opere valgono molto denaro. Questa concezione, però, ha dei seri limiti. In primo luogo, non permette di collocare tutti gli artisti che oggi sono riconosciuti come tali, ma che in vita loro non hanno visto un centesimo per le loro opere. Vincent van Gogh non è certo stato un campione di vendite. Tomasi di Lampedusa non è arrivato nemmeno a vedere la stampa del suo Gattopardo. Eppure hanno prodotto indiscutibili opere d’arte.
D’altra parte ci sono le opere effimere, che magari vendono moltissimo per un periodo limitato di tempo e poi finiscono rapidamente nel dimenticatoio.
Allora si può allargare un po’ la concezione di Arte guardando a Oriente. In molte culture orientali, il risultato finale dell’atto artistico ha una certa importanza, ma il processo della creazione ne ha di più.  Quello che conta è la disciplina, la dedizione, il modo in cui il processo di crescita dell’artista si intreccia profondamente con la creazione dell’opera.
Chi ha letto “Scrivere Zen” può capire di che cosa sto parlando. Si tratta di scegliere una forma d’arte (che può essere anche l’arte della cucina, della ceramica o del tiro con l’arco) e avvicinarsi nel modo corretto. Poi si può creare un capolavoro o no, si può fare centro o no, ma l’artista conserva la sua dignità, appunto, di artista.
L’intuizione di Julia Cameron è stata in parte anche questa. Concentrandosi sul processo, si possono migliorare moltissimo le proprie prestazioni e sgomberare il campo da tutti i pregiudizi e le convinzioni errate che possono intralciare il cammino.
Quello che ha ideato lei, è un percorso articolato in 12 settimane, che tocca ogni volta un tema specifico e propone esercizi appositi.
La nostra Disfida inizierà tra meno di due settimane e non ci sarà il tempo, qui, di seguire il percorso completo. Però potremo vedere insieme alcuni punti importanti e allenare un po’ insieme la fantasia.
Gli strumenti proposti sono molto semplici.
Il primo, le Pagine del mattino. Si tratta di scrivere ogni mattino, appena svegli, tre pagine assolutamente libere. Ma proprio libere. Si possono scrivere i sogni fatti, i pensieri che si affacciano alla mente, qualsiasi cosa. Anche “Non so cosa scrivere” va bene. Anche una serie infinita di lamentele va bene. Lo scopo è di rendersi conto di quello che ci affolla la mente e di iniziare ad aprire un po’ la strada alla fantasia. In questo caso, nemmeno la grammatica e l’eleganza dello stile contano. Si può scrivere davvero male, se viene così. L’importante è scrivere. E poi rileggere periodicamente quello che si è scritto, a distanza di qualche mese.
Il secondo strumento è l’appuntamento con l’artista, ma lo vedremo domani.

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