martedì 22 aprile 2014

E ora, scriviamo!





È venuto il momento di prendere carta e penna e di mettersi al lavoro. Niente scuse, niente tentennamenti.
Lo facciamo insieme, ma lo facciamo adesso. Oggi venite a Feeria con me.

Prendiamo lo spunto del “palloncino rosso” che tanto sembra non piacere a nessuno e in ogni caso non ce lo “perdiamo”, anzi…
Ho detto carta e penna: va bene qualunque tipo di penna, anche una vecchia matita, anche un vecchio pennarello. Va bene qualunque tipo di carta, anche un foglio di quaderno o un tovagliolino di carta (mi è capitato di usarne, quando ero magari in un caffè e non avevo altro per scrivere sottomano).

Iniziamo:

C’era una volta un palloncino rosso.


Per ora non sappiamo altro. Il ‘c’era una volta” c’è sempre nelle mie fiabe. Poi magari lo tolgo in revisione, ma è sempre lì. Perché quando si entra a Feeria, si sente qualcosa. Io sento un piccolo sussulto di gioia e un senso di piacevole aspettativa che mi fa chiedere tutta contenta “Chissà che cosa succederà adesso?” .
Il ‘c’era una volta’ di solito è la via più accessibile per arrivarci. Mi basta scriverlo, ed ecco che sono a Feeria (o Fantasia o il Luogo delle Fiabe o come vi piace chiamarlo).
Sono a casa.
Il palloncino rosso: per ora sappiamo solo che è un palloncino, quindi può volare, e che è di colore rosso. Ancora non vedete la storia, le storie? Non c’è problema, andiamo avanti.

Si allontanava nell’aria, più su sempre più su.  Vedeva il bambino che fino a poco prima l’aveva tenuto legato al polso farsi sempre più piccolo e lontano… Lo aveva lasciato andare apposta, gli era sfuggito per sbaglio?
Eccole qui, le mie amiche. Le domande. Per scrivere una storia bisogna farsene tante. Sono loro che la fanno procedere. Qui c’era un’altra possibilità di sviluppo. Quella di un palloncino che non può volare, magari perché è legato a un sasso, magari perché e gonfiato male.. va bene lo stesso, solo che dobbiamo seguire una linea narrativa e ho scelto quella del palloncino che vola.
Iniziamo il racconto mentre sta succedendo qualcosa. Quello che viene prima (il papà ha comprato il palloncino al bambino e quello che ne consegue) il lettore può facilmente immaginarlo senza bisogno che glielo raccontiamo noi. Quindi, se non ci serve per la storia, lo eliminiamo.
Adesso abbiamo un palloncino (rosso) che vola nell’aria. Siamo all’inizio della storia e quindi le possibilità di sviluppo sono infinite. Il palloncino può avventurarsi per i mari del Sud e finire su un vascello pirata, nell’Isola-che-non-c’è o nella giungla. È uno sviluppo che mi piacerebbe, ma non oggi. Può finire in un giardino incantato. Magari ci sono alberi da cui pendono profusioni di smeraldi, rubini, perle e pietre preziose. Mi piace, ma forse un’altra volta. Potrebbe continuare a salire, salire e finire nel cielo pieno di stelle, incontrare gli abitanti della luna o il Piccolo principe sul suo asteroide. Nel regno delle fiabe, tutto è possibile. Non ci sono limiti, se non quelli che ci mettiamo noi.
Poiché non so se questa è la vostra prima volta a Feeria, ho deciso di coccolarvi un po’ e  di non farvi venire le vertigini tutto in una volta. Quindi terrò questa fiaba un po’ più vicina alla terra e vi riporto un pochino più giù.

Era una bella giornata di sole e il palloncino si cullava nell’aria tiepida continuando lentamente a salire verso le nuvole.
Vedeva sotto di sé la pianura verde e le montagne in lontananza verso cui lo sospingeva gentilmente la brezza.

Ok, ho deciso, del tutto arbitrariamente, che si va in montagna. Poiché mi seduce l’idea del palloncino rosso su uno sfondo verde vivo, lo voglio portare sullo sfondo degli abeti che ricoprono i fianchi dei monti. Se il palloncino avesse un colore diverso, la storia prenderebbe tutta un’altra direzione.
Notate che adesso noi siamo con il palloncino. Ce ne allontaniamo solo se qualcuno fa qualcosa a sua insaputa per nuocergli. Se no, rimaniamo con lui.

Gli sembrò di metterci solo un istante, per arrivare più vicino alle altissime montagne. Ne vedeva i fianchi ricoperti di folti boschi e le cime innevate.

Anche qui, come in altri punti della storia, possiamo scegliere tra un’infinità di sviluppi. Se ho voglia di ridere, posso immaginare che il palloncino incontra un’aquila miope che più miope non si può, che lo scambia per uno strano uovo e cerca di portarselo nel nido per covarselo. Oppure posso farlo rimanere impigliato nei rami di un bosco abitato da gnomi, fate e folletti. Io ho deciso di “volare basso” per oggi, quindi lo porto a scoprire una cascata.

A un tratto, sentì un rumore stranissimo. Una specie di fruscio, ma forte, che sembrava provocato da mille teli di seta strofinati insieme. Fu allora che vide la cascata. L’acqua cristallina sgorgava da un punto più alto della montagna e precipitava in basso formando un lungo nastro celeste, ricamata a tratti  di candida spuma.
L’acqua scorreva in una gola di rocce e le goccioline d’acqua degli schizzi formavano piccoli arcobaleni sospesi che sembravano disegnati sul cielo.
Il palloncino rimase a osservare incantato quello spettacolo.

Ancora, trovando l’acqua, si aprono infiniti ventagli di possibilità. Può scoprire le Ondine o i pesci o le sirene. Può conoscere gli animali di montagna che si avvicinano ai corsi d’acqua per bere.
Io, però, ho in serbo per lui un tiro mancino del nemico più imprevedibile che ci sia. L’aria.

Non si accorse, così, che una corrente d’aria lo stava trascinando sempre più vicino alla cascata e alle rocce. Fino a quando – swap! - fu risucchiato di colpo in un’oscura caverna.
Ben presto non riuscì a vedere più niente per il buio. Aveva solo un gran freddo e la sensazione viscida che danno a volte le caverne. Iniziò anche ad avere paura che quella corrente d’aria lo sospingesse contro le rocce aguzze.

Adesso il nostro palloncino non è in una bella situazione, lì, tutto solo, al buio. Facendo associazioni con il suo colore – è rosso – potremmo immaginare una sorta di percorso di crescita in cui il palloncino deve trovare le proprie risorse, il proprio coraggio. Deve capire che può cavarsela da solo, che ha le risorse per farlo. Non ho molta voglia di approfondimenti simbolici, in questo momento, quindi ve la cavate con qualcosa di meno complicato. Naturalmente, anche qui potrebbe entrare lo zampino di qualche personaggio o oggetto magico che lo cava d’impiccio. Magari nella caverna abita un potente mago buono o cattivo che… ma no. Vi porto in un’altra direzione.

In quei momenti il palloncino pensò davvero di essere molto sfortunato. Finire così, in una caverna paurosa, solo e abbandonato da tutti. In quel momento si sentì tradito dal bambino che lo aveva lasciato andare, e si convinse che era stata una terribile cattiveria, da parte di quel bambino, portarlo via dai suoi amici palloncini solo per mandarlo a finire solo e abbandonato in quel brutto posto. Ma, mentre la strana corrente continuava a trascinarlo, ecco che vide in lontananza una piccola luce, là in alto.
Una piccola luce che si avvicinava rapidamente, mentre lui, sempre sospinto dalla corrente, si avvicinava a tutta velocità all’apertura. Sembrava un po’ stretta, sperava di non finire contro le rocce ma… no, ecco, era fuori!
Dall’altra parte della montagna.
Il paesaggio era meno aspro, su quel versante. Vedeva una dolce conca verde, con qualche roccia e, appoggiato a una roccia, un bambino dall’aria molto triste.
Era un bambino venuto da un paese lontano, e ancora non si sentiva a casa, in quella terra vicino alle montagne. Gli mancavano i suoi amici, gli mancava la sua dolce lingua che aveva sentito parlare fin da quando era nato. per questo se ne stava lì, tutto solo, appoggiato a una roccia su un prato.
Il palloncino forse un po’ si era ferito, uscendo dalla montagna. Perché iniziò a scendere lentamente verso quel prato. E mentre scendeva si accorse che attaccato in fondo al cordino che lo legava c’era un messaggio. Fino a quel punto era stato tanto occupato a guardarsi intorno che non se n’era accorto.   
Il bambino triste sollevò lo sguardo e lo vide, mentre lui scendeva ondeggiando dolcemente sul prato d’erba. Il bambino lo raggiunse di corsa, lo sollevò con delicatezza. Vide il messaggio attaccato al suo cordino. C’era scritto: “Se tu hai trovato questo palloncino, sei una persona fortunata. Qualcuno nel mondo ti vuole bene.”
Il bambino fece un largo sorriso, mentre il palloncino si sentiva scoppiare d’orgoglio. Era stato scelto per fare il messaggero! Non era stato abbandonato. Lui era il messaggero che portava parole in grado di far nascere sorrisi dove prima c’era solo tristezza.
Tutte le preoccupazioni del passato furono spazzate via dal sorriso di quel bambino che lo teneva delicatamente tra le mani. E poi, chissà, forse quel bambino sarebbe stato capace di riparare il palloncino e di farlo volare ancora e avrebbe trascorso insieme chissà quante ore felici…

Ma questa è un’altra storia.
Spero che vi siate divertiti. Se la storia non vi è piaciuta, meglio. Perché adesso dovete prendere carta e penna (ok, va bene anche la tastiera del computer) e scriverne una voi. Su un palloncino rosso, seguendo una delle tante tracce che vi ho dato o inventandone di completamente nuove. Se avete i vostri bambini con voi, fateli entrare in questo gioco, fate loro domande sulle avventure del palloncino, su quale direzione dovrebbe prendere la storia. Un giorno, chissà quando, ve ne saranno grati.
L’ultimo avvertimento, prima di lasciarvi andare: quando la fantasia è lanciata al galoppo in questa maniera, non riesce a fermarsi di colpo. Non cercate di andare a dormire direttamente dopo un’attività creativa intensa: non ci riuscireste.
Datevi un po’ di tempo di “decompressione” e, soprattutto, datelo ai bambini. Rilassatevi un attimo. Se volete, preparatevi un bel bagno caldo, magari con l’aggiunta di un sacchetto di fiori di tiglio e lasciate alla mente il tempo per calmarsi. Oppure fatevi una camomilla.
Io vi aspetterò ancora qui, domani, alle porte di Feeria.





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