mercoledì 23 aprile 2014

La parte critica


Ieri ho taciuto volontariamente una parte critica del lavoro, cioè, appunto, le critiche. Nostre e degli altri. Iniziamo dalle nostre. Abbiamo bisogno di osservare il nostro lavoro con occhio critico, se no rischiamo muoverci a casaccio, senza un orientamento.
In ogni caso, la nostra parte più critica deve stare zitta e buona mentre lavoriamo. Io la immagino come Assurancetourix, lo stonato bardo di Asterix che finisce spesso legato e imbavagliato durante i festeggiamenti di fine avventura.
Un eccesso di critiche mentre siamo al lavoro, spesso serve solo a bloccarci. Sommersi da quintali di critiche, rimaniamo schiacciati e non produciamo più nemmeno una riga. Meglio di no.
Mentre lavoriamo, lavoriamo. Certo, alcune scelte ci piaceranno più di altre. È normale e va bene, ma non soffermiamoci a criticare ogni sillaba.
L’ideale è, una volta completato il lavoro, lasciarlo riposare un po’. Staccarsene. Poi tornarci sopra a mente fresca. A quel punto, gli errori più grandi saranno evidenti e le correzioni verranno abbastanza naturali.
Il che non significa indolori.
Tiriamo giù Assurancetourix dalla pianta, lo sleghiamo e gli togliamo il bavaglio. Sbagliare non piace quasi a nessuno, eppure non conosco persone assolutamente e sempre infallibili. Fare sempre meglio, sì. Pretendere la perfezione sempre, no.
Nelle redazioni dei giornali ho scoperto diverse cose utili. In primo luogo, anche se si può sviluppare col tempo un certo istinto su quello che può andar bene o no, a volte si prendono lo stesso cantonate pazzesche. Ci sono articoli su cui avrei scommesso parecchio e che non sono piaciuti a nessuno e altri che magari ho fatto di malavoglia e che invece sono piaciuti.
Succede. E poi, le critiche degli altri. Nel corso degli anni, ho conosciuto tanti capiredattori che hanno fatto della capacità di criticare in modo sensato una vera e propria arte. Se un pezzo va corretto, va corretto, ma avere redattori in lacrime o depressi in ogni angolo non giova a nessuno. Allora, critica costruttiva. Dire esattamente che cosa non va bene e perché aiuta moltissimo. Se un pezzo è sbagliato, bisogna rifarlo. Ricordando che a essere sbagliato è il pezzo, non l’autore. Gli attacchi personali sono una di quelle che cose che è meglio evitare e di solito la dicono più lunga su chi li fa che su chi li subisce. Con le critiche giuste, quasi tutti arrivano a quello che, secondo me, è il punto di equilibrio: tra l’amor proprio e l’amore per quello che si sta facendo, vince leggermente quest’ultimo. Da entrambe le parti. Allora si possono accettare le critiche, se sono finalizzate solo a produrre un lavoro migliore. E pazienza se ci tocca ammettere di non essere infallibili.
Piacevole, non le è mai, ma si può fare.
Fuori dal punto di equilibrio, invece, succedono i disastri. Sbaglia di grosso chi critica in stile panzer, sbaglia di grosso chi scatta per ogni osservazione ed è troppo poco affezionato al proprio lavoro per accettare di migliorarlo. Perché si può sempre migliorare.
Per quanto mi riguarda, spero di continuare a farlo per tutta la vita.


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