mercoledì 7 maggio 2014

Che cosa succede

Che cosa succede.

Mi è venuta una preoccupazione, una sola, a questo punto.
Quindi voglio chiarire ogni dubbio.
Per ora, c’è solo una fiaba solitaria sulla pagina di Facebook.
Sebbene io veda i dati e sappia che questo blog e la pagina sono seguiti, sembra che ci sia una sorta di reticenza a interagire, a buttarsi e scrivere una fiaba, proporre spunti per nuove fiabe o votarli.
Vi parlo apertamente: io, per quanto mi riguarda, penso di aver già vinto su un campo più importante della competizione in sé. Nel momento in cui mi sono lanciata in questa avventura, ho vinto la battaglia più importante: quella contro la paura. Del ridicolo, di non farcela, di non fare bene. Che cosa può succedere? Che scriva una brutta fiaba? Non credo che il mondo diventerà un posto peggiore, per questo. Scrivere trenta brutte fiabe? Questa, dal mio punto di vista, potrebbe essere una cosa interessante. Dopo centinaia di fallimenti nel tentativo di creare una lampadina, pare che Edison sostenesse di aver fatto grandi progressi. Perché a quel punto conosceva centinaia di modi per non fare una lampadina. E quindi inevitabilmente si stava avvicinando al suo scopo. Tutto dipende da come noi ci poniamo di fronte alle cose.
E così, per spiegarvi quello che succede per me, devo andare un po’ indietro nel tempo (22 anni, per la verità) alla prima volta che mi hanno dato un premio. Era per un racconto. Cerimonia ufficiale, un’importante scrittrice come presidente della giuria, una professionista che leggeva gli elaborati in pubblico, un generoso assegno e la televisione. Mi tremavano le gambe, ci stavo malissimo, in quell’ambiente e avrei voluto scomparire. Ve l’ho già detto, mi piace fare le cose, ma poi se devo parlare in pubblico sono un disastro, mi impappino, non sono capace…
In ogni caso, finisce tutto questo e mentre mi avvio sollevata all’uscita mi si avvicina una ragazza.
Mi ha detto solo tre parole: “Complimenti. Molto bello.”
E in quel momento io mi sono sentita spalancare il cuore e ho pensato: è per questo. È per questo che voglio scrivere. Perché se anche una sola persona sulla faccia della terra potrà sentirsi un po’ più capita, un po’ meno sola per quello che ho scritto, ne sarà valsa la pena.
Quella sconosciuta non lo sa e non ho mai avuto occasione di ringraziarla a dovere, ma è andata così.
Poi la vita ci porta in luoghi strani. Ero una giovane madre, a quei tempi e forse ho anche finito per dimenticare quel momento, fino a quando non molto tempo fa, mi è arrivato un promemoria di quelli potenti. Uno di quei momenti in cui pensiamo che, sì, forse, tutto sommato, in effetti, c’è anche la remota possibilità che potremmo non essere immortali.
E di tutte le cose incompiute che mi sarei lasciata alle spalle se non avessi vinto quella battaglia (quella sì, importante) a me dispiaceva di più per le cose che non avevo scritto. Per quell’idea per un romanzo lasciata per anni in sospeso, per le fiabe che avrei voluto scrivere, ma il tempo…
Per i sogni a cui avrei voluto dar vita, ma c’erano tante cose più importanti da fare…
Il mio rammarico, sarebbe stato quello. Non altro.
Perciò, amici miei, io ho vinto nell’istante stesso in cui mi sono messa a fare quello che mi sarebbe dispiaciuto non portare a termine. Per una taoista, il successo e il fallimento sono due facce della stessa medaglia, ma seguire il proprio cuore è essenziale.
Seguite il vostro. Ovunque vi porti, seguitelo.



   

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