sabato 21 giugno 2014

il libro incantato

Non avrete pensato che volessi lasciarvi senza una nuova fiaba proprio al solstizio d'estate?
Certo che no.

Il libro incantato
La vita delle fate a noi umani sembra immune dalla noia, ma per le fate molto giovani (fino a cento anni, più o meno) può non essere vero. Tra una festa e l’altra, tra un ballo e l’altro, a volte per le piccole fate i giorni sono lunghi da trascorrere, mentre le fate più grandi sono affaccendate nelle loro mansioni.
Così quel giorno Campanella e Mughetta, grandi amiche da sempre, si guardarono l’un l’altra con aria interrogativa. “A che cosa vuoi giocare?” chiese Mughetta. “Decidi tu,” rispose Campanella facendo ondeggiare le gambe penzoloni dall’albero su cui erano sedute. 
“Potremmo andare al fiume,” propose volenterosamente la prima.
“Ma ci siamo già andate ieri…” rispose controvoglia la seconda.
Sospirarono insieme, guardando l’orizzonte.
“E se andassimo a vedere che cosa fanno gli umani?” propose infine Campanella.
“Ma ce lo hanno vietato!” disse rianimandosi Mughetta.
“Proprio così,” rispose sorridendo l’amica.
“Che cosa aspettiamo?”
Un breve volo le separava dal limitare della foresta in cui vivevano. Oltre, si stendevano grandi prati e poi campi coltivati, fino a una fattoria isolata in cui viveva una famiglia di brave persone, piena di figli vocianti. Le fatine avanzarono con cautela tra la vegetazione, attente a non farsi vedere. I genitori erano al lavoro nei campi, come sempre. La figlia maggiore stava dando da mangiare alle galline e il figlio maggiore si stava occupando dei cavalli.
Un’altra figlia grandicella era affaccendata in cucina.
Una bambina si dondolava sull’altalena tenendo d’occhio l’ultimo nato, che giocava su una coperta stesa sull’erba. Gli altri due figli, un maschio e una femmina, erano seduti in disparte sotto una grande quercia.
Le due fatine si capirono con uno sguardo e si avvicinarono a questi ultimi.
La bambina teneva sulle ginocchia un libro consunto e leggeva. Leggeva storie bellissime che parlavano delle creature del bosco e delle fate.
Le piccole fate si avvicinarono abbastanza da sentirne la voce, sempre ben nascoste. Morivano dalla curiosità e avrebbero voluto guardare più da vicino le illustrazioni che ornavano quel libro, ma non erano così temerarie e si tennero e debita distanza.
La voce della bambina le trasportò in un’avventura piena di draghi e poi in un’altra piena di fate e in un’altra…
A un tratto una voce dalla cucina  chiamò a raccolta i bambini, che uno dopo l’altro rientrarono in casa per mangiare.
Il libro rimase sotto la quercia e le fatine si avvicinarono. Com’era bello!
Pieno di figure affascinanti. Campanella non riuscì a resistere. Lo prese e si sollevò in volo verso la foresta, seguita dalle proteste soffocate dell’amica.
Quando furono abbastanza lontane e al riparo degli alberi, sedettero e aprirono il libro.
Impossibile dire quanto tempo trascorsero a decifrare i caratteri della scrittura degli umani e a indicarsi a vicenda le splendide illustrazioni, ma a un tratto si accorsero che stava scendendo la notte.
Per un tacito accordo, resero le pagine luminose con un incantesimo e andarono avanti, voltando una pagina dopo l’altra.
Infine lo chiusero e si guardarono sospirando. “Che bello!” disse Mughetta con aria sognante. “Incantevole” rispose Campanella accarezzando la copertina. “Peccato doverlo restituire.”
“Però dobbiamo.”
“E se facessimo un patto con gli umani?”
“Che tipo di patto?”
“Se a loro non dispiace, ce lo potrebbero lasciare la sera sul davanzale della finestra, quando vanno a dormire. Così noi potremmo prenderlo e leggere qualche storia prima di restituirlo. Noi, in cambio, lasceremo l’incantesimo che consente di leggere al buio. Che cosa ne pensi?”
“Lo sai che ci è vietato farci vedere dagli umani.”
“Sì, ma possiamo scrivere un messaggio.”
L’amica ponderò la questione per un pezzo, prima di rispondere: “Mi sembra una grande idea.”
Presero una bella foglia e iniziarono a scrivere: “CARI UMANI, IL VOSTRO LIBRO E’ MOLTO BELLO…”
Così, il libro incantato per qualche tempo passò dalle mani dei bambini a quello delle fatine, comparendo e scomparendo dal davanzale della finestra.
I bambini erano deliziati da quel gioco e le fate avevano trovato un modo gradevole per trascorrere il tempo. Quando ebbero finito di leggere il libro, le fate per gratitudine aggiunsero un incantesimo a quello che illuminava le pagine: le storie presero a cambiare, diventando sempre diverse, e per magia chiunque aprisse quel libro trovava esattamente la storia di cui aveva bisogno in quel momento.
Dicono che quel libro sia ancora perduto, da qualche parte, malconcio e dimenticato, ad aspettare di incantare con la sua magia altri bambini e altre fate.
 
 Buon solstizio, buone fiabe!

 

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