venerdì 8 dicembre 2017

La fata di neve


... e pian piano le pagine si riempiono di nuove fiabe. 



La fata di neve

Ivan l’aveva vista, una fata di neve, quando era bambino e viveva sulle montagne.
Allora, gli sembrava normale conversare con il gatto di casa e con tutte le creature dei boschi, aiutandole quando poteva.
La fata di neve l’aveva vista danzare tra i fiocchi di un’abbondante nevicata, dalla finestra della sua cameretta. L’aveva osservata a lungo incantato, mentre la sua figura leggera e quasi trasparente si muoveva danzante e rendeva ogni fiocco di neve luccicante come un gioiello.
Chiamato a fare merenda dalla mamma, si era voltato a rispondere e poi non l’aveva più trovata, ma a lungo l’aveva cercata invano in ogni nevicata.
Poi, come accade per tutti, era cresciuto e alla fata di neve non aveva pensato più. Era partito per studiare in una grande città e poi aveva iniziato a lavorare. Era sempre così serio e concentrato, che a malapena si accorgeva se pioveva o c’era il sole e solo a tratti si accorgeva stupito del passare delle stagioni.
Ma quella sera, mentre andava a trovare i suoi genitori sulle montagne, per qualche motivo la fata di neve gli era tornata in mente. Forse perché nevicava tanto e i fiocchi di neve che si posavano sul parabrezza erano così luccicanti…
A un tratto udì un tonfo soffocato contro il cofano e un’imprecazione. Fermò immediatamente l’auto e scese stupito a vedere che cosa fosse successo. Non c’era nessuno in giro e quella strada che si copriva rapidamente di neve per fortuna lo aveva costretto a un’andatura davvero moderata.
Stessa sulla neve, davanti alle sue ruote c’era una ragazza dai capelli azzurri, imbacuccata in vari strati di abiti variopinti che sembravano messi insieme alla rifusa.
“Razza di somaro!” gli urlò appena lo vide scendere dalla macchina “perché non guardi dove vai?”
“Ma io…” iniziò a giustificarsi Ivan, ma la ragazza lo interruppe con un fiume di parole mentre lui l’aiutava a rialzarsi e la faceva sedere con cautela sul sedile del passeggero. Aveva intenzione di accompagnarla all’ospedale, ma lei rifiutò dicendo di sentirsi bene e invece gli chiese – abbastanza imperiosamente a dire il vero – di condurla piuttosto fino a un certo indirizzo.
Tutto mortificato, Ivan accettò di accompagnarla, tanto più che il luogo in cui lei voleva andare era molto vicino alla casa dei suoi genitori.  Prima di riavviare l’auto, non poté comunque fare a meno di notare di sfuggita che sulla strada e sulla neve intorno non c’erano impronte.
Da dove era sbucata quella strana ragazza?
Avrebbe voluto chiederlo a lei, ma fu sommerso da un fiume di parole ininterrotte e ingarbugliate che lo mettevano al corrente di tutto quello che stava succedendo in quella zona. L’inverno era particolarmente freddo, nevicava sempre, una slavina aveva lasciato isolata per tre giorni la piccola frazione fuori dal paese, gli animali del bosco erano in difficoltà e poi arrivavano anche certi turisti di città che non sapevano nemmeno guidare.
“Ma io sono di queste parti,” mormorò Ivan lanciando un’occhiata alla sua passeggera, che continuò a parlare come se niente fosse. Aveva bei lineamenti delicati, ma i capelli azzurri tutti spettinati che sbucavano dal cappello fatto a maglia e gli strani indumenti che indossava la facevano assomigliare a un fagotto stropicciato. Parlava rapidamente e senza interruzioni, come se avesse paura di lasciare spazi di silenzio.
Quando arrivarono a destinazione, Ivan si accorse che erano davanti allo studio di un veterinario. La ragazza scese rapidamente dall’auto e improvvisamente tacque, prima di affacciarsi dalla portiera ancora aperta e dirgli in tono infinitamente gentile: “Grazie per il passaggio, Ivan.”
Poi, in rapidissima successione, si materializzò davanti ai fari dell’auto un cerbiatto ferito, mentre la ragazza suonava imperiosamente diverse volte il campanello prima di dissolversi tra i fiocchi di neve.
Ma certo! Adesso Ivan ricordava. Era la fata di neve!
Lei gli fece un breve cenno di saluto, prima di svanire definitivamente. Lasciando solo un vortice di fiocchi di neve assolutamente brillanti.
Ivan scese dall’auto, mentre il veterinario un po’ seccato apriva finalmente la porta.
Naturalmente Ivan si offrì di pagare le spese per curare il cerbiatto, ma il veterinario lo guardò bene in viso e poi rifiutò il suo denaro.

Dall’espressione confusa e felice di Ivan, aveva capito che forse avevano un’amica in comune. Un’amica di neve. 

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