mercoledì 13 dicembre 2017

La stanza incantata



La fiaba del giorno


La stanza incantata

Marilù era davvero, davvero stanca di stare ferma a letto.
La malattia era più lunga e noiosa del previsto e ormai le sembrava che il tempo si fosse fermato. Per fortuna, le avevano portato tanti libri pieni di belle storie e illustrazioni meravigliose. Quando era troppo stanca per leggere, Marilù osservava incantata le figure piene di particolari, accarezzava piano col ditino i contorni delle ali di una fata mormorando “come sei bella…” oppure fingeva di accarezzare la pelliccia setosa di un cerbiatto o quella folta di un lupo.
Senza nemmeno accorgersene, lasciava che la fantasia la portasse lontano, dove erano ambientate quelle storie, in folte foreste e in regni incantati, nelle tane dei conigli, sulle nuvole o su altri pianeti.
Erano tante avventure diverse, tante vite possibili che le servivano per consolarsi della sua, che al momento era tutta racchiusa in quella stanza dalle pareti noiose e dal soffitto bianco.
Quello che non sapeva, era che le creature magiche avvertono una specie di richiamo, quando un bambino pensa tanto a loro.
Marilù non poteva vederli, perché erano invisibili, ma in quel momento nella stanza con lei c’erano ben due gnomi, quattro elfi bambini, tre folletti e una fata. Più diversi animaletti fatati.
“Questa bambina ci vuole bene” stava mormorando commosso un elfo bambino, e poi rivolto alla fata: “Non possiamo aiutarla?”
La fata, a cui tremavano un po’ le ali come se le stessero facendo il solletico, scosse dolcemente la testa: “Non possiamo interferire, lo sapete bene. In qualche modo la stiamo già aiutando, perché le nostre storie le tengono compagnia. Credo che senta il tocco lieve delle nostre mani, quando le accarezziamo la fronte. Di più, non possiamo. Abbiamo il divieto assoluto di portarla fuori da questa stanza, se non con la fantasia.”
Un folletto rimase a capo chino per un momento e poi fu chiaro che aveva avuto un’idea, perché nel mondo magico si sa che i folletti hanno il cervello fino. “E se portassimo il mondo nella stanza?”
Tutti lo guardarono meravigliati. Nessuno ci aveva pensato.
Ma certo! Era così semplice.

Detto fatto, davanti agli occhi di Marilù il soffitto iniziò a colorarsi dell’azzurro del cielo. Si fece avanti uno gnomo dei boschi: “Vorrei iniziare io, se non vi dispiace.”
All’assenso degli altri, iniziò a far svanire le pareti, facendo apparire i contorni degli alberi del suo bosco, che conosceva così bene. Ben presto la stanza si riempì di profumo di resina e del canto degli uccellini. Marilù era incantata. Sospirava soddisfatta, crogiolandosi ai raggi del sole.
Quando toccò agli elfi, l’aria si fece frizzante e profumata, mentre dolci onde orlate di spuma si infrangevano dolcemente su bianche scogliere e spiagge rosate. Sul blu del mare navigavano soffici vele bianche, che sospingevano velieri d’argento.
I folletti portarono nella stanza le distese di fiori primaverili delle brughiere, i paesaggi dei regni di ghiaccio, le aspre cascate delle terre impervie.
La fata portò un incantevole giardino nella luce dorata del tramonto, pieno del profumo dei fiori e dei voli delle farfalle e poi delle lucciole.
Quando fu scesa la notte, furono gli animali e invitare in quella piccola stanza i cieli immensi trapunti di stelle, le cime degli alberi viste in volo, i laghi tranquilli in cui si specchiava la luna.
Infine il lupo evocò una splendida luna piena, per cui iniziò a cantare dall’alto di una rupe, sempre più dolcemente, fino a quando Marilù, felice come non era mai stata, si addormentò con un sorriso beato.

Anche le creature magiche riposarono, quella notte, di un sonno sereno.
E al mattino dopo, Marilù era guarita.
Quel bagno di felicità le aveva fatto così bene da far fuggire via la malattia.

Passarono molti anni, dopo di allora. Marilù diventò adulta e poi anziana. Ma fu sempre serena e felice, perché sapeva che, anche se invisibile, il mondo magico con le sue meraviglie era sempre accanto a lei. 

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