La Disfida prosegue, anche se ci stiamo un po' ingarbugliando con le fiabe del giorno. Ricordate il video con il buffo pennuto sulla pagina FB? Questa è la fiaba che ha scritto su di lui Federica Rossi di Inchiostro Rosa, valorosa partecipante alla disfida.
Le
quattro penne dell'Aditya
Fioccava
in abbondanza quella sera, la città era immersa in un nebbioso e soffice
silenzio e la luce dei lampioni a malapena riusciva a penetrare l'aria umida.
Però sulle case si intravvedevano luci colorate e i giardini erano festosamente
addobbati. Mancava poco alla vigilia di Natale ed in casa di Lorenzo, quella
sera, era atteso un ospite molto speciale. Il bimbo, assieme alla sorellina ed
ai cuginetti, non faceva altro che passare da una finestra all'altra,
sbirciando nella nebbia! Ecco infine apparire una scura figura, dapprima un
piccolo punto poi sempre più grande ed infine i bimbi eccitati urlarono in
coro: - Mamma, mamma, è arrivato lo zio Goffredo! - Tutti si precipitarono alla
porta che la mamma, felice, era andata ad aprire e nell'ingresso apparve un
grande omone, coperto di un cappotto lungo e scuro ed un cappello a falda larga
impermeabile. La sciarpa colorata gli nascondeva il resto del volto ed ai piedi
portava due scarponi pieni di neve che lentamente si scioglieva in una piccola
pozza d'acqua! Con un gesto plateale lo zio si tolse il cappello e salutò i
presenti con un gran vocione: - Buon Natale famiglia! - I bimbi risero... - Ma
zio, non è ancora Natale! - disse Lorenzo guardandolo con espressione
divertita. - Per me è sempre Natale quando posso stare con voi! - rispose
affettuoso lo zio. - Zio, zio! Cosa ci hai portato di bello? Cosa ci
racconterai di nuovo stasera? Quanto rimarrai con noi? - lo incalzava la
piccola Matilda tirandogli l'orlo del cappotto. - Bambini, insomma! -
intervenne mamma - lasciamo che lo zio si tolga questi abiti bagnati e
mettiamoci a tavola - poi rivolgendosi a Goffredo - Siamo tutti pronti,
aspettavamo solo te! Fratello e sorella si abbracciarono ed insieme varcarono
la soglia della sala da pranzo: nel caminetto la legna ardeva vivacemente, la
tavola era apparecchiata e piena di delizie e tutti gli amici ed i parenti lo
accolsero festosi. La cena fu piuttosto lunga, molte le pietanze e tante le
chiacchiere ed i bimbi, sempre più insistentemente, lanciavano supplichevoli
occhiate allo zio per sollecitarlo ad iniziare i suoi racconti. Lui con
dolcezza sorrideva e faceva un gesto con la mano facendo intendere che
bisognava attendere ancora un poco. Finirono anche il dolce ed allora lo zio si
alzò e chiamò i nipotini: - Venite bambini, spostiamo davanti al fuoco, ho da
mostrarvi una cosa meravigliosa... - Si sedette sulla comoda poltrona e i bimbi
per terra, intorno a lui, tranne Matilda, che essendo la più piccola, si
accomodò sulle sue ginocchia. - Lorenzo, per favore, guarda dentro la tasca
interna del mio cappotto e portami l'astuccio in cuoio che vi trovi. - Quando
lo zio aprì l'astuccio i bimbi mandarono un grido di sorpresa perché dentro
erano conservate quattro piume d'uccello di uno splendido blu cangiante e
spruzzate d'oro zecchino... - Ma zio, non esiste un uccello così...- disse
Lorenzo, che era il più scettico - io non l'ho mai visto! - - Lorenzo...con
tutto quello che ti ho raccontato nel tempo ancora hai di questi dubbi? Non ti ho
detto tante volte che esistono molte più cose, fenomeni, creature, uomini, di
quanti ne possiamo anche solo immaginare? Lo zio non era vecchio, ma aveva
viaggiato molto, i suoi biondi capelli erano meno lucenti di una volta, il viso
abbronzato segnato da qualche ruga ma i suoi occhi brillavano d'intelligenza e
curiosità e l'espressione matura mostrava la sua grande conoscenza del mondo. I
bimbi pendevano dalle sue labbra quando narrava le sue avventure, come accadeva
ogni volta che tornava da uno dei suoi lunghi viaggi. - Queste piume
appartengono ad un uccello molto raro - cominciò lo zio - Il suo nome è Aditya
e l'ultimo esemplare vive in un santuario nella lontana India del nord. Proprio
in questo paese gli uomini hanno dato loro la caccia per lungo tempo, facendoli
morire di stenti e maltrattamenti, ingordi del grande tesoro che tali creature
potevano offrire. - Tesoro? - chiesero in coro i nipoti - raccontaci zio dello
sfortunato Aditya! E lo zio cominciò: - Durante il mio ultimo viaggio, ho
visitato una vasta regione dell'India e ho visto cose straordinarie...uomini
che vivevano da più di cento cinquanta anni meditando solitari senza mangiare
nulla...templi dedicati ad animali sacri, come le scimmie o i topi... donne
ricoperte di veli e amuleti d'oro. Tanta ricchezza e tanta povertà, tanto amore
e altrettanta crudeltà. Ma l'essere più triste che abbia incontrato è stato
l'Aditya. Questo uccello dalle lunghe zampe e dal piumaggio eccezionale veniva
trascinato per via dal suo aguzzino. Le sue ali erano troppo corte per
permettergli di volare, il capo era grande, gli occhi dolci, il becco giallo
capiente. L'uomo che lo tirava portava abiti pregiati e la gente si accalcava
intorno a lui. Sembrava che tutti avessero bisogno di qualcosa, lui interrogava
il povero uccello e questo faceva un piccolo inchino o scuoteva le penne della
coda. A seconda del comportamento dell'animale, la gente saltava di gioia o
alzava gli occhi al cielo, sospirando infelice e il proprietario riscuoteva una
lauta somma di denaro. Incuriosito da tale scena mi avvicinai ad un mercante di
seta e gli domandai spiegazioni. Il tipo, scuro di pelle e sdentato, parlava
male, ma ugualmente fui in grado di capire ogni cosa. L'uccello si chiamava
appunto Aditya, non ne esistevano più al mondo e l'uomo dai vestiti sontuosi
era molto fortunato a possedere l'ultimo esemplare. D'altra parte si raccontava
che quest'ultimo fosse un cucciolo rubato ad alcuni monaci, da sempre dediti
alla salvaguardia di ogni specie di animale. Incalzavo il mercante perché
arrivasse al nocciolo del discorso ed infine la mia curiosità fu soddisfatta.
L'Aditya poteva predire se una tale faccenda andasse a buon fine o meno...se
faceva un inchino la risposta era positiva, se scuoteva le piume era invece
negativa. Immaginate, bambini, cosa significava possedere un tale animale, in
un mondo fatto di speranze, aspettative, vanità. Questo povero uccello,
nonostante significasse la ricchezza per il proprietario, era assai maltenuto,
le zampe sembravano reggerlo a stento e dove il collare stringeva il lungo
collo era spiumato ed arrossato. Strattonandolo, l'omaccio si allontanò ma feci
appena in tempo a guardare l'Aditya negli occhi, così rassegnati e languidi.
Decisi che lo avrei liberato e riportato ai monaci! - I bambini seguivano la
narrazione con occhi sbarrati e bocche spalancate ed anche gli adulti avevano
cominciato a prestare attenzione alle parole di Goffredo. Il racconto
proseguiva: - Ma cosa potevo inventarmi per salvare l'animale? Dovevo avere un
piano e ben congegnato! Quella notte girai a lungo, cercando informazioni. Il
giorno dopo visitai le biblioteche della città e finalmente trovai un libro che
mi diede ottimi spunti. Vi lessi che l'Aditya, chiamato anche Sibilla pennuta,
per le sue doti divinatorie, aveva però un punto debole. Alla perdita di una
delle sue penne, anche le sue capacità venivano momentaneamente meno. Questo
poteva essermi davvero utile e felice tornai al mio albergo. Il giorno seguente
cercai l'Aditya che trovai nella piazza del mercato, circondato di folla. Mi
feci largo e con fare spavaldo urlai che l'uccello aveva perso il suo potere e
che l'uomo che se lo portava dietro non era altro che un truffatore! Le mie
parole crearono grande confusione e l'indiano dagli abiti lussuosi mi si
avvicinò aggressivo e comincio a spintonarmi, urlandomi in faccia. Io senza
indietreggiare urlai che potevo provarlo e domandai ai presenti di fare le loro
domande. Si presentò il primo...un giovanotto che stava per diventare padre.
Chiese all'Aditya se avrebbe avuto un maschio. Senza che nessuno se ne
accorgesse staccai una delle penne dalla coda dell'uccello. L'Aditya spalancò
gli occhi e si irrigidì...non si inchinò né scosse le penne. Restò immobile! La
folla mormorava impaziente. Quando mi accorsi che l'animale stava riprendendo
il controllo, invitai un'altra persona a porre la domanda e come prima strappai
una penna. L'animale alla richiesta si immobilizzò di nuovo e non diede alcuna
risposta. Così feci per altre due volte finché la folla rabbiosa non cominciò
ad insultare l'uomo che per paura di un'aggressione si diede alla fuga. Nessuno
fece caso a me o all'Aditya e in un attimo entrambi sparimmo... Queste quattro
penne sottratte all'animale mi hanno permesso di salvargli la vita e riportarlo
al santuario, dove ora si sta riprendendo di tutte le sofferenze patite. Certo
mai avrei pensato che durante il viaggio quattro balordi mi assalissero per
derubarmi e fu allora che scopersi che il pennuto era anche in grado di... Una
mano si posò sulla spalla di Goffredo, destandolo dai suoi avventurosi ricordi.
I bimbi si erano tutti addormentati, l'ora era tarda e il caminetto stava
spegnendosi. Lo zio sorrise e chiese: - Fino a che punto mi hanno seguito? - -
Quasi fino alla fine - gli strizzò l'occhio la sorella. Con attenzione lo zio
si alzò con la piccola Matilda in braccio e si incamminò verso le camere da
letto... Adesso la luna brillava in cielo e l'oro delle quattro penne luccicava
sotto la sua luce, nella casa addormentata.
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